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Equity PMI
Nuovo regolamento, nuova vita al CrowdFunding
L’Italia è stato il primo Paese europeo a regolamentare l’equity crowdfunding. Abbiamo avuto negli scorsi anni un fiorire di piattaforme e un susseguirsi di campagne di raccolta che hanno raccontato storie di innovazione (non proprio sempre) e fatto sognare centinaia di investitori e founder.
Poi è arrivato il Nuovo Regolamento Europeo.
Prima del Nuovo Regolamento Europeo in Italia c’era una lunga sfilza di piattaforme di raccolta.
Una delle cose che sono cambiate è quindi certamente il numero delle piattaforme operative e il fatto che oggi non c’è più una distinzione netta fra lending ed equity considerando che il nuovo regolamento permette a un portale di poter fare sia la parte di equity sia la parte di debito. Oggi è più corretto parlare di crowdinvesting.
Dopo una corsa all'autorizzazione – sperando in soluzioni di continuità "all'italiana" – il nuovo regolamento ha previsto valutazioni più stringenti in ambito governance e patrimonio.
Attualmente le piattaforme sono scese da circa 70 a circa 30 e continua un trend di fusione che si muove in questo senso in tutta Europa, per poter resistere a un mercato sempre più competitivo. Mercato che oggi, non dimentichiamolo, permette di operare in Italia anche a portali internazionali.
Le campagne di equity crowdfunding lanciate nel 2024 sono state numericamente inferiori rispetto a quelle dello stesso periodo del 2023, eppure (in base ai dati di CrowdfundingBuzz), la raccolta media per singola campagna è cresciuta. Nel 2024 è di 593mila euro, mentre lo scorso anno era di 444mila euro.
Sempre secondo CrowdfundingBuzz, nel primo trimestre 2023, in Italia la raccolta di equity crowdfunding è stata di 18milioni di euro, mentre lo stesso periodo del 2024 la raccolta è stata di 21,8milioni di euro. Quindi meno campagne ma più denaro.
Una delle caratteristiche del nuovo regolamento è anche la possibilità per le società offerenti di andare a raccogliere su piattaforme estere o di trovare più facilmente investitori stranieri disposti a puntare sulle nostre aziende, ma in verità esempi di questo tipo non ne abbiamo visti molti e questo per un motivo che in Italia è stato sempre poco considerato e riguarda fondamentalmente l’essenza stessa del crowdfunding, ovvero la comunicazione e il marketing. Fare comunicazione per il mercato italiano costa, farlo sul mercato francese, tedesco o inglese, costa molto di più. Oltre al fatto che non tutte le aziende sono pronte per andare a raccogliere su mercati esteri.
Oggi fare crowdfunding è più complesso che mai e questo non è necessariamente un male.
I “classici” 60 giorni di raccolta aperta al pubblico oggi tendono ad essere 30, ma questo non vuol dire che si ha meno tempo. Vuol dire solo che tutta la parte di pre-campagna, ovvero tutto il lavoro di semina e preparazione assume un valore imprescindibile per la buona riuscita di una raccolta, mentre il momento della vetrina aperta al pubblico è quello in cui si concretizza il lavoro svolto prima. Oggi più che mai è inconcepibile pensare di usare quei 60 giorni di raccolta per iniziare a darsi da fare. Oggi è fondamentale iniziare prima, per gestire la fase di pre-campagna come una grande operazione di marketing e acquisizione lead che si convertiranno in investitori appena la campagna vera e propria inizia. E purtroppo, non ci sono altre strade.
Una campagna di crowdfunding è, prima di tutto, un’operazione di marketing che necessita di una solida strategia basata sul coinvolgimento delle persone e sulla creazione di una comunità intorno a un progetto. Per questo, è fondamentale comunicare le informazioni in modo efficace, persuasivo ed emozionante, così da innescare un potente effetto passaparola.
Considerare un campagna di crowdfunding al pari di una campagna di marketing è qualcosa che nei paesi anglosassoni si fa da sempre.
Una campagna che parte col botto, attira altri investitori perché si innesca il famoso effetto palla di neve e la voglia di entrare a far parte di un progetto vincente. Viceversa, una campagna che parte lenta e poi si ferma, difficilmente riuscirà a risollevarsi.
La novità è che oggi, una strategia di questo tipo è prassi anche in Italia e bisogna essere molto consapevoli di questo perché, in caso contrario, il rischio di non raggiungere l’obiettivo prefissato è molto alto e in giro abbiamo diversi casi di questo tipo. Oggi le campagne di equity crowdfunding durano mediamente 30 giorni e questo presuppone un minuzioso e articolato lavoro di preparazione che non può fare la piattaforma, ma spetta esclusivamente all’offerente.
Il tema di base è che il crowdfunding non può essere un mero mezzo di raccolta fondi, ma una strada alternativa di finanziamento, branding e crescita.